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L’Ansonica è uno dei grandi vitigni del mediterraneo.
La sua origine è forse greca o mediorentale ma fu dalla Sicilia che arrivò all’Isola d’Elba verso la fine del 1500. Dall’Elba si diffuse poi su tutta la costa maremmana e sulle altre isole dell’arcipelago toscano, in particolare all’Isola del Giglio ed è proprio su quest’isola che l’Ansonica ha trovato nel corso dei secoli uno dei suoi territori d’elezione.
Un’altra ipotesi vorrebbe che l’Ansonica fosse stata portata all’Isola del Giglio intorno al 1600 direttamente da una comunità greca, inviata al Giglio per ripopolare l’isola dopo le scorribande del pirata Khayr-Ad Din, detto il Barbarossa, che nel 1544 aveva deportato tutti i gigliesi.
Fino a quel momento la viticoltura gigliese era nota per la produzione di vini di grande qualità che per mare arrivavano sulle tavole di molte zone costiere, soprattutto quelle dello Stato della Chiesa e della Repubblica di Genova. La famiglia Piccolomini, padrona dell’isola, ripopolò l’isola con famiglie provenienti dal senese ma i nuovi abitanti non si adattarano facilmente alle dure condizioni della viticoltura isolana, preferendo dedicarsi alla pesca e all’allevamento. La produzione di vino calò drasticamente a 120 barili mentre centinaia di capre e muli abbandonati allo stato selvaggio dopo il passaggio dei pirati pascolavano sugli ultimi vigneti rimasti.
I Medici succedettero ai Piccolomini e con grandi sforzi riuscirono lentamente a far rifiorire la viticoltura gigliese. Nel 1671 la produzione era circa di 2000 barili di “un vino bianco debole, ottenuta dall’uva biancone (trebbiano) pigiato nei palmenti e svinato dopo 24 ore”.
Il vino rosso era invece considerato più forte perché, secondo l’usanza del posto, veniva fatto fermentare con l’aggiunta di melograni, usanza che si tramandava dai tempi antichi, allo scopo di dare serbevolezza al vino e maggior contenuto zuccherino al mosto.
Durante il Settecento e l’Ottocento la popolazione crebbe e la produzione di vino era di circa 1000 botti, equivalenti a 12000 barili (una botte gigliese equivale a 12 barili).
Agli inizi del Novecento la produzione era di circa 20.000 barili di cui 15.000 esportati al prezzo di 10 Lire al barile. Importante era anche la produzione di uva passa o zibibbo, ottenuta immergendo i grappoli di ansonica in acqua salmastra e di seguito ad appassire al sole.
L’Ansonica è legata alla storia della costa maremmana: nei primi anni del Novecento arrivò ad occupare circa 800 ettari di superficie tra Monte Argentario (500 Ha), Agro di Orbetello (200 Ha) e Isola del Giglio (100 Ha). Dai porti dell’Argentario e del Giglio l’uva veniva venduta sui mercati di Roma, Livorno, Genova, e in annate favorevoli raggiungeva anche le piazze svizzere e tedesche. Anche Stendhal si deliziava con i grappoli di “…un exellent raisin q’on nous apporte de l’ile de Giglio”.
Foglia verde chiara, pentalobata con seni molto profondi, seno peziolare chiuso a lobi sovrapposti, pagina inferiore glabra.
Grappolo grande, troncoconico, alato. Acini grandi ellissoidi che a maturazione prendono una tonalità rosa molto carico.